Opinioni | 15 Novembre 2024 | Autore: Tommaso Caravani

​Tracciabilità delle riparazioni: una questione irrisolta

“Carta d’identità” dei veicoli: un sistema fermo tra interessi di parte e lentezze italiane. L’editoriale di Tommaso Caravani.


Una delle questioni che da sempre emerge nel mondo dell'autoriparazione è quella della tracciabilità. La storia di un veicolo può permettere di identificare responsabilità in caso di guasti o, nei casi peggiori, di incidenti. 
Ma soprattutto è utile per determinare il valore del mezzo usato.
 
Da tempo le associazioni di consumatori si battono per ottenere una "carta d'identità" del veicolo, così come le società di noleggio, le case automobilistiche e le assicurazioni. 
Anche gli autoriparatori vorrebbero che i loro interventi fossero tracciati, magari non tutti, ma sicuramente quelli che riguardano la sicurezza, e sono la stragrande maggioranza. Il vero problema è che ciascuno ha la pretesa, molto individualista, di controllare i dati di questo famoso libretto e le informazioni in esso contenute, quando in realtà dovrebbero essere esclusivamente a disposizione del proprietario del veicolo.
 
È evidente che tutte le parti in causa, oltre a molti altri soggetti, sono interessate a ottenere statistiche da uno strumento così potente: pensiamo ai ricambi utilizzati, al valore medio delle riparazioni, alla frequenza della manutenzione ordinaria, all'incidenza di quella straordinaria, e così via.
 
Negli anni, quindi, la questione della "carta d'identità" è stata sollevata molte volte, eppure nulla è stato fatto. Forse perché in Italia è davvero difficile fare sistema per il bene generale, mentre restiamo ancorati agli interessi particolari. Forse proprio per questo, alla fine, sarà l'Europa a emanare una Direttiva prima che il nostro parlamento riesca a fare qualche passo in avanti.

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