Si è svolto lo scorso sabato 12 novembre il convegno regionale di Federcarrozzieri Piemonte. Tra i tanti spunti, il Movimento Consumatori denuncia una pratica scorretta delle compagnie, vediamo di cosa si tratta.
Esiste una legge, che potremmo definire universale o comunque legata alla saggezza popolare, secondo cui “chi rompe paga e i cocci sono suoi”. A livello legale, però, questo proverbio è stato tradotto in maniera leggermente differente e a farlo è il Codice Civile con l’articolo 2043 Cod. Civ. che recita: «Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno».
La definizione legale differisce leggermente dal proverbio, che stabilisce che il danneggiato ha diritto di essere risarcito, e non entra nel merito del come: con un bene nuovo (nel caso di danni materiali) tenendosi i “cocci” o riparando ciò che è stato danneggiato.
Per comprendere questo assunto basti pensare a come il proverbio mal si adatterebbe al caso di un danno fisico: se mi rompi un braccio non posso averne un altro sano e lasciarti il mio rotto. È un estremo, ma serve a far capire il concetto.
Questa norma del Codice Civile si applica a tutta la società e ovviamente è il caposaldo su cui sono state costruite le normative di riferimento per il settore assicurativo e in particolare per l’assicurazione sulla responsabilità civile obbligatoria per la circolazione dei veicoli, quella che comunemente viene chiamata RC Auto.
Quello che è successo negli anni però - e scuserete questa piccola digressione, che ritengo sia fondamentale per comprendere quale sia il quadro di riferimento di questa “notizia” - è che per facilitare i risarcimenti, il legislatore ha reso possibile l’opzione che a risarcire il danno sia la propria compagnia (ogni auto in circolazione deve averne una) e non quella di chi ci ha tamponato. A sua volta, la nostra compagnia si rifarà su quella di chi ha provocato l’incidente e otterrà indietro i soldi, evitandoci di contattare una compagnia che non conosciamo.
Fin qui tutto bene, la nostra compagnia dovrebbe tutelare i nostri interessi.
Ma non è proprio così, perché, per una convenzione tra le compagnie, oggi il risarcimento tra le due società di assicurazioni non avviene in maniera specifica per il singolo evento. È stata invece istituita una “camera di compensazione” finanziata da tutte le compagnie. In sostanza, semplificando un po’ ma rendendo comprensibile una materia piuttosto ostica, la compagnia prende un forfait per ogni incidente subito da un suo assicurato.
Questa soluzione ha creato moltissime “storture”. Per esempio, la nostra compagnia ha molto interesse a riparare i danni di poco valore (perché dalla camera di compensazione prenderà più soldi di quanti effettivamente ne ha risarciti) e pochissimo interessa a risarcire quelli più gravi.
Sostanzialmente, sotto una certa soglia di risarcimento, la compagnia guadagna sul sinistro, crea cioè un utile dal nostro danno. Sopra una certa soglia, invece, va in perdita e questa perdita dipende da quanto ha risarcito al danneggiato. Quindi, che il valore del sinistro sia sotto o sopra la soglia, la compagnia ha comunque sempre interesse a comprimere il costo del risarcimento, a scapito ovviamente del danneggiato.
Durante gli anni, proprio per evitare di perdere soldi nel processo della compensazione, le compagnie hanno quindi deciso di cercare di prendere il controllo dei processi riparativi: “se l’autoriparatore lavora per me, ho un maggior controllo del tipo di sinistro e dei costi associati”, questo il retropensiero.
Per farlo sono quindi nate delle polizze assicurative che prevedevano condizioni economiche particolari su un evento che esula dalla stessa assicurazione, che ricordiamo essere una tutela nei confronti degli altri: delle clausole cioè che - in caso di tamponamento - permettevano sconti sulla polizza qualora avessimo sottoscritto un obbligo ad andare presso una struttura di autoriparazione convenzionata con la nostra compagnia.
Questo tipo di clausole hanno portato negli anni a lunghe battaglie tra autoriparatori e compagnie e la pietra tombale su questa diatriba l’ha messa la politica, stabilendo, con l’articolo 11 bis della Legge annuale per il mercato e la concorrenza del 4 agosto 2017, n. 124, quanto segue:
11-bis. Resta ferma per l'assicurato la facoltà di ottenere l'integrale risarcimento per la riparazione a regola d'arte del veicolo danneggiato avvalendosi di imprese di autoriparazione di propria fiducia abilitate ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 122. A tal fine, l'impresa di autoriparazione fornisce la documentazione fiscale e un'idonea garanzia sulle riparazioni effettuate, con una validità non inferiore a due anni per tutte le parti non soggette a usura ordinaria.
La legge quindi ribadisce (dando perciò per scontato che ciò che è stabilito nel Codice Civile è sempre valido) che chi subisce un danno non può subire una riduzione del risarcimento e specialmente che l’automobilista ha diritto di scegliere il suo autoriparatore di fiducia senza che questo comporti per lui alcuna conseguenza.
L’ultimo tassello per comprendere quale sia la nuova criticità, è quello che riguarda la cessione del credito.
Quando l’automobilista porta l’auto dal proprio autoriparatore di fiducia, infatti, per evitare di dover anticipare i costi della riparazione e poi richiedere il risarcimento alla compagnia (propria nel caso di risarcimento diretto, quella della controparte negli altri casi), può optare per cedere il proprio credito nei confronti della compagnia all’autoriparatore. Sarà quindi quest’ultimo a gestire le pratiche con la compagnia per farsi pagare il lavoro svolto sull’auto del suo cliente.
Fatta questa doverosa premessa, veniamo al punto principale.
Le compagnie, preso atto che non posso pretendere una riduzione del risarcimento dalle carrozzerie, in alcuni episodi hanno intrapreso una nuova modalità che, secondo il Movimento Consumatori, è illecita.
In sostanza, la compagnia paga per intero la fattura della carrozzeria salvo poi inviare, a distanza di qualche tempo, una lettera di richiesta all’automobilista assicurato in cui viene richiesta la restituzione di una parte del risarcimento, perché la riparazione è stata effettuata al di fuori del circuito convenzionato.
Secondo l’avvocato Sonia Monteleone, del Movimento Consumatori, questa pratica “è doppiamente scorretta, perché l'automobilista non è a conoscenza di tutti i suoi diritti e il suo riferimento è la stessa compagnia che gli chiede illecitamente un rimborso. È tuttavia evidente che il danneggiato informato, che si rivolge alle associazioni dei consumatori o a un professionista, ha la possibilità di segnalare alle autorità competenti la situazione, auspicando in una battuta d’arresto della compagnia che sa bene che tali condotte sono illecite”.
Resta il dubbio di quanta gente paghi senza protestare per evitare scocciature, ma su questo l’avvocato ha promesso battaglia: “abbiamo già presentato un esposto all’Antitrust su pratiche commerciali scorrette e speriamo di arrivare a breve a un pronunciamento chiaro”.
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