In primo luogo perché gli attori della riparazione non sono briciole. In secondo luogo perché presidiano il territorio e hanno la fiducia degli automobilisti.
Steve Leal, CEO di Fix Network World, uno dei più grandi gruppi di autoriparazione del mondo (tra carrozzerie, officine e centri cristalli), ci ha spiegato nella nostra intervista la strategia che questa multinazionale vuole mettere in atto in Europa, lasciando intendere, senza troppi giri di parole, che l’Italia è nel mirino.
A guardare i numeri che questo gigante canadese fa nel mondo ci sarebbe da tremare: miliardi di fatturato, oltre 2.000 centri e un armamentario pubblicitario in grado di competere con i Nutella Biscuits, eppure…
Eppure in Europa lo stesso Fix Network World non ha stravolto i mercati dove è entrato. Il radicamento è lento e l’unico paese dove veramente il modello sembra funzionare è il Regno Unito, che ha dinamiche molto più simili a quelle statunitensi che a quelle europee.
In Italia, poi, da sempre, i player europei hanno avuto difficoltà anche a interpretare il nostro mercato. Norauto e Midas crescono lentamente, così come Carglass®, che sembrava destinata a stravolgere il mercato della carrozzeria, al momento lotta come gli altri per guadagnare visibilità e lavoro, per non dimenticare le meteore del passato: l’esempio più eclatante fu ATU (Auto – Teile – Unger), che in Germania domina il mondo della riparazione, ma in Italia è durata un battito di ciglia (anche se per motivi non necessariamente legati al business).
Tutto tranquillo allora? Sicuramente no. Se c’è una cosa che abbiamo imparato con il Coronavirus è che ingigantire i pericoli porta sicuramente danni (vedi l’Italia), ma anche sottovalutarli o negarli non è una strategia vincente (basta volgere lo sguardo a quanto accaduto in Cina).
L’unica via è cercare di rimanere vigili, informandosi e cercando di attuare, già oggi, tutte le pratiche necessarie per evitare di perdere il business.