Con il Covid-19, l’igienizzazione e la manutenzione degli impianti A/C è tornato a essere un problema di primo piano.
Gli impianti di climatizzazione sono una delle più grandi conquiste nel campo della termodinamica. L’applicazione al mondo automotive ha permesso di migliorare in maniera drastica il comfort di bordo. Grazie a questa tecnologia, oggi è possibile viaggiare con la propria auto anche con condizioni meteo particolarmente sfidanti come, per esempio, il clima afoso dell’estate.
La manutenzione di un impianto di climatizzazione è sempre stata al centro dell’attenzione degli operatori di settore. Una sensibilità su una questione che richiede grande attenzione e che spesso gli utenti sottovalutano completamente.
Il funzionamento di un impianto di climatizzazione
I sistemi di climatizzazione appartengono alle soluzioni identificate dall’acronimo HVAC (Heating, Ventilation & Air Conditioning, la cui traduzione potrebbe essere riscaldamento, ventilazione e condizionamento). Sono sistemi ormai diventati molto complessi e il cui funzionamento si basa sempre su una delle leggi fondamentali della termodinamica, ovvero che l’energia termica passa sempre da una sorgente calda a una fredda e mai viceversa.Sembra una banalità e dal punto di vista concettuale di fatto lo è. Per poter realizzare un sistema di climatizzazione basato su questo concetto, però, le cose non sono semplici. Una centralina elettronica di controllo, che sfrutta i dati in arrivo da sensori posizionati fuori e dentro l’abitacolo, elabora e gestisce il funzionamento dell’intero impianto. Questo si compone di un compressore, un condensatore, un evaporatore, una valvola di laminazione e un filtro disidratatore.
Gli elementi presenti all’interno dell’abitacolo sono la centralina di controllo del sistema e l’evaporatore. Il resto dei componenti è posizionato all’interno del vano motore.
Non è questa la sede per entrare nel dettaglio, ma diciamo che il fluido frigorigeno o fluido di lavoro (il più recente è l’R744), viene compresso a una pressione intorno ai 20 bar. L’aumento di pressione porta a un suo immediato incremento di temperatura, con valori anche prossimi a 110 °C. Il fluido in queste condizioni raggiunge il condensatore e passa allo stato liquido, scendendo di temperatura e trasferendo quindi calore alla sorgente esterna.
Il successivo passaggio nella valvola di laminazione e della successiva tubazione gli permette di espandersi finché, arrivato nell’evaporatore, il fluido ritorna allo stato di gas assorbendo il calore dall’interno dell’abitacolo e ricominciando il ciclo che lo porterà a cedere questa quantità di calore alla sorgente esterna (solitamente il radiatore dell’impianto posizionato all’interno del vano motore).
In pratica, se volessimo sintetizzare il principio di funzionamento di un climatizzatore, potremmo dire che il comportamento fisico sfruttato dall’impianto sia l’espansione e la condensazione di un gas. Quando fluido diventa gas, si espande e assorbe calore. Quando condensa, e quindi diventa liquido, cede calore.
Come si sono evoluti gli impianti di climatizzazione
L’evoluzione degli impianti di climatizzazione è stata costante sin dall’esordio di questo genere di tecnologia, ma uno dei componenti che è stato soggetto ad ampie revisioni è stato il fluido di lavoro.Si è infatti passati dai noti R12 ed R22, conosciuti anche con il nome di Freon, agli attuali R134a e R744. Tutti i fluidi della famiglia dei clorofluorocarburi come il Freon sono stati via via eliminati a causa del loro effetto negativo sullo strato di ozono.
L’R134a, appartiene invece alla famiglia degli HFC, ovvero degli idrogenofluorocarburi, in cui l’idrogeno è andato a sostituire il cloro, il vero responsabile degli effetti negativi a carico dello strato di ozono.
Il problema della sanificazione
Quando si spegne un impianto di climatizzazione, dopo averlo usato per un certo periodo, l’evaporatore ancora freddo genera uno strato di condensa sulla serpentina, condensa che non viene asciugata e che quindi diventa acqua stagnante vera e propria.Questo è il motivo per cui, spesso, si consiglia di disinserire il clima qualche minuto prima di spegnere il motore, in modo da permettere al sistema di ventilazione di asciugare la condensa.
Questa condensa è fonte di batteri, virus e muffe, che vanno contrastati con opportuni procedimenti di sanificazione.
La manutenzione e la sanificazione
Il primo livello di manutenzione che un utente può mettere in campo è molto semplice: utilizzare l’impianto di climatizzazione della propria auto almeno una volta a settimana, se possibile anche qualche volta di più. Ciò è importante, perché la lubrificazione dell’impianto avviene solo durante il suo funzionamento.Un fermo prolungato porta a un deterioramento dei componenti che non vengono più raggiunti dal lubrificante. Ogni anno, poi, è fondamentale procedere alla fase di manutenzione dell’impianto, che di fatto è un sistema complesso che richiede le dovute attenzioni.
Gli odori prodotti e il raffrescamento non più efficace sono alcuni dei sintomi più evidenti, così come l’incapacità di rimuovere velocemente l’umidità dall’abitacolo producendo uno sbrinamento rapido.
Le verifiche da fare, ben note agli operatori del settore, sono numerose: tra queste ricordiamo il ripristino del corretto livello di fluido operante, il controllo e l’eventuale sostituzione delle cinghie e la verifica del corretto funzionamento del compressore.
Un altro componente che merita grande attenzione è il filtro del sistema di climatizzazione: un filtro intasato impedisce l’afflusso della corretta quantità di aria all’evaporatore, con ovvie conseguenze sul funzionamento dell’intero impianto.
Un clima che non raffredda più nella quantità corretta richiede in genere un livellamento del fluido di lavoro che, a causa di piccole perdite fisiologiche del sistema, ha raggiunto una massa critica troppo bassa per garantire lo scambio termico.
Gli odori, invece, sono come già anticipato poco sopra un problema tipico degli impianti di climatizzazione, problemi creati dall’accumularsi di umidità sui componenti e dal proliferare di batteri, virus e muffe. La questione si risolve con prodotti appositi che vengono inalati all’interno dell’impianto e che eliminano tutte le sorgenti che causano gli odori, purificando i componenti e proteggendoli anche dalla corrosione.
Detto questo, il consiglio è di lasciare periodicamente acceso per qualche minuto il sistema di riscaldamento con la temperatura posizionata sul valore massimo. Così facendo vengono asciugate tutte le parti umide dell’evaporatore e viene evitata la formazione delle classiche muffe che sono all’origine dei fastidiosi odori.