Il presidente di ANC Confartigianato, fresco di rielezione, risponde alle domande più scottanti sull’attualità del settore, indicando la via della mediazione come soluzione dei grandi conflitti.
È soddisfatto Giuseppe Pace, per tutti Pino. L’uomo che circa quattro anni fa ha preso la guida di una delle più importanti confederazioni dell’autoriparazione in Italia, oggi rivendica con orgoglio il lavoro degli ultimi anni e punta al nuovo mandato con la certezza di una base che lo appoggia.
In collegamento telefonico dalla sua carrozzeria, abbiamo cercato di “stuzzicare” il nuovo presidente sui temi caldi del settore, a partire dalla trattativa sulle linee guida della riparazione a regola d’arte fino alle polemiche sui social esplose subito dopo la firma. Ma è più che altro di futuro che vuole parlare il presidente, perché il mondo sta cambiando e anche la professione sarà costretta a ripensarsi, così come il ruolo delle rappresentanze.
Partiamo dalla notizia principale: la sua riconferma a guida di ANC Confartigianato è arrivata per acclamazione: è soddisfatto?
Sicuramente sì, è stata forse una vittoria più bella della mia prima elezione. Quando fui eletto presidente, in realtà, non volevo neanche candidarmi. Furono le pressioni di molti presidenti regionali a spingermi di tentare la strada delle elezioni, ma obiettivamente non ero così consapevole di ciò cui stavo andando incontro.
Oggi invece è differente, sono stato io a scegliere di ricandidarmi e ho svolto una campagna elettorale molto impegnativa, perché le elezioni in Confartgianato non sono un proforma, ma delle vere elezioni democratiche, che garantiscono la rappresentatività della categoria.
Uno dei risultati da lei pubblicizzati è l’aver raggiunto, con il suo primo mandato, l’intesa sulle famose “linee guida per la riparazione a regola d’arte”, un documento che però sembra fermo da un po’ di tempo e non ha ancora portato a risultati tangibili, cosa ne è stato?
La trattativa sulle linee guida va avanti da quasi cinque anni, ma sta già portando importanti risultati. L’obiettivo è quello di trovare delle strategie di interesse comune che si traducano in un miglior servizio all’automobilista e a una sempre maggiore sicurezza nella circolazione stradale dei veicoli.
Nella seconda parte delle linee guida, abbiamo individuato delle regole e procedure che transiteranno su una piattaforma web Ania/Confederazioni. Oggi il progetto è pronto e per questo bisogna dare merito anche alle aziende che hanno contribuito alla realizzazione questo portale: Domus, che è partner di CNA, e Win Car, che lo è di Confartigianato e Casa Artigiani.
Eppure ad oggi manca ancora l’operatività dell’accordo, come mai?
Per una ragione molto semplice: ci sono dei tempi burocratici e dei fenomeni non prevedibili, come il Covid-19. Per capirlo bisogna ripercorre le tappe fondamentali di questo accordo. A maggio 2019 abbiamo firmato le linee guida. A questo punto ogni attore coinvolto ha dovuto organizzare un’assemblea per comunicare ai propri associati l’accordo e il suo funzionamento. Quindi, a settembre sono partite le comunicazioni alle agenzie, perché poi è il territorio a dover gestire l’operatività delle decisioni centrali. Tra assemblee locali e altre attività eravamo quasi pronti, ma nel frattempo è arrivato febbraio e l’Italia (e non solo) si fermata per il Covid.
Tuttavia non tutto il male viene per nuocere. In questo tempo, infatti, abbiamo sciolto alcuni dei nodi più spinosi dell’accordo, come le osservazioni dell'Antitrust in merito alla concorrenza in un libero mercato e il problema del trattamento dei dati personali.
Una delle cose più curiose, che da sempre noto, è che si chiamano “linee guida per la riparazione del danno a regola d’arte”, ma non ci sono indicazioni né prescrizioni sul come effettuare le riparazioni e si parla invece di liquidazioni, non è un controsenso?
Direi di no, bisogna però saper leggere con attenzione per evitare confusioni. Una prima cosa che voglio specificare, perché spesso vengono fornite informazioni non corrette, è che nelle linee guida non abbiamo mai trattato la liquidazione del danno. La liquidazione è un punto che abbiamo lasciato alla libera determinazione dell’autoriparatore e del suo rapporto con la compagnia.
Venendo invece alla sua domanda, bisogna intendersi su cosa sia necessario fare per effettuare una riparazione a regola d’arte. Noi abbiamo realizzato delle linee guida, dove sostanzialmente indichiamo che ogni autoriparatore deve attenersi alle indicazioni riparative fornite dalle case auto e dai produttori di attrezzature. Può sembrare un po’ generico, ma il nostro progetto prevede si avere all’interno della piattaforma condivisa anche tutte le schede tecniche di riparazione dei veicoli. Perché l’idea, che delle linee guida, possano essere la base per tutte le riparazioni è riduttiva e fuorviante: ogni veicolo necessita di specifiche tecniche riparative e in futuro intervenire sarà sempre più complesso. Quindi, fare un linea guida di carattere generale porrebbe dei problemi con l’arrivo delle nuove tecnologie e metodologie riparative. Inoltre, tutto deve svolgersi garantendo la massima trasparenza anche per l’automobilista. Il portale avrà infatti un accesso pubblico (b2c) realizzato in accordo con le associazioni dei consumatori, dove sarà chiarito come deve essere realizzato un preventivo, il dettaglio dei lavori eseguiti e l’origine dei ricambi impiegati; mentre un accesso privato (b2b) permetterà il dialogo tra carrozziere e compagnia di assicurazioni.
Un altro dei temi del suo programma di candidatura è la riforma della legge 122 del 1992, la cui ultima modifica riguarda l’accorpamento tra meccanici e meccatronici (con la 224 del 2012). Cosa non la convince più di questa legge?
Sulla legge 122 del 1992 andranno fatte delle modifiche, perché nei prossimi cinque anni ci saranno più cambiamenti nel mondo dell’auto che negli ultimi 50 anni trascorsi. Tuttavia, voglio però precisare che sarà necessaria una revisione molto attenta e delicata, perché la legge 122 è stata forse la più grande conquista della nostra categoria. Oggi la diamo per scontata, ma se non ci fosse, chiunque potrebbe svolgere questa professione, senza alcuna distinzione. Quindi possiamo dire che è un caposaldo della nostra categoria. Detto questo è chiaro che vada rivista, a partire da un adeguamento sull’impatto che sta avendo e avrà ancor di più in futuro la tecnologia sull’auto.
Basti pensare che siamo alle porte di una salto tecnologico enorme con l’arrivo della copertura 5G. Può sembrare un argomento distante dall’autoriparazione, ma in realtà il 5G cambierà profondamente le nostre vite e anche il nostro modo di lavorare e tutte le previsioni indicano che saranno due i settori più impattati da questa rivoluzione: sanità e mobilità. Cerco di semplificare: il 5G porterà la possibilità tra dispositivi di dialogare in tempo reale (senza neanche un secondo di ritardo): un fattore che permetterà ai dispositivi delle auto di dialogare con le altre auto e con la smart city. Sarà questa tecnologia a permettere una guida assistita sempre più performante, quindi diminuiranno i sinistri e gli autoriparatori dovranno sempre più contribuire alla manutenzione del sistema piuttosto che a riparare danni da incidenti.
Non è una bella notizia per la categoria, le carrozzerie già lamentavano un calo dei sinistri prima del Covid...
Siamo passati da circa 6 milioni di sinistri di qualche anno fa ai 2,3 milioni di sinistri attuali. Le auto sono sempre più sicure e questo trend non cambierà. Bisogna però anche dire che gli autoriparatori italiani sono stati bravi a manutenere queste auto. Il futuro della categoria passa attraverso una sempre maggiore specializzazione delle attività e qualificazione della propria squadra. Se un tempo un carrozziere poteva svolgere praticamente tutte le attività nella sua carrozzeria, oggi servono più figure specializzate per finire un’auto. Forse le cose che sono cambiate meno sono la preparazione e la verniciatura, tutto il resto è cambiato: dallo stacco e riattacco all’elettronica.
Ovviamente non bisogna neanche commettere l’errore opposto, perché spesso si sentono grandi esperti parlare di futuro e disegnare scenari che però ancora non sono attuali: in Italia la maggior parte più delle auto sono ancora “vecchio stile” e, per dare qualche numero, la tanto discussa “elettronica” copre ad oggi circa il 10 percento di un consuntivo. E questo tenendo conto anche dei casi in cui sono presenti gli ADAS. Quindi la figura dell’ingegnere in carrozzeria è ancora prematura.
Vorrei poi approfittare di questa parentesi per far notare un’altra cosa: si discute moltissimo di futuro, ma uno dei più grandi problemi riguarda il presente e cioè che oggi, in Italia, non si trovano figure professionali in ambito carrozzeria (verniciatori e abbigliatori). Manca una pianificazione centrale sulla creazione di queste figure, con il risultato paradossale che nonostante ci sia meno lavoro, sia difficilissimo trovare personale specializzato.
Come associazione cosa fate per risolvere questo problema?
La formazione è gestita dalle regioni con i fondi europei e i fondi artigiani. Oggi con gli enti accreditati abbiamo un proficuo dialogo e cerchiamo di sviluppare localmente le attività. Per fare un esempio, qui dove siamo noi, in Liguria, abbiamo fatto una scuola a Quarto (corso triennale con quarto anno per il diploma) e grazie all’alternanza scuola lavoro invitiamo gli studenti nelle nostre strutture per la parte pratica. Personalmente ogni mercoledì faccio lezione ai ragazzi del Cnos Fap di Genova.
Il problema credo sia in una mancanza di visione generale del nostro paese riguardo al futuro dell'autoriparazione. Perché nessuno ha chiaro che sempre più serviranno tecnici specializzati per lavorare su sistemi sempre più avanzati e per costruire queste figure professionali ci vuole tempo.
Ha parlato molto della sempre crescente complessità dei veicoli e dell’elettronica, così come ha accennato che per riparare le auto sono necessarie le informazioni che hanno i produttori. Eppure, proprio le case auto spesso sono molto gelose dei propri dati e molte associazioni, a partire dai concessionari fino ai produttori di ricambi e attrezzature, hanno iniziato da tempo a battersi per il libero accesso alle informazioni dell’auto; qual è la vostra posizione?
Anche noi siamo molto preoccupati dell’accesso alle informazioni e aggiungerei alla formazione. È evidente che ci sia una posizione dominante, tuttavia per la categoria dei carrozzieri la faccenda richiede una riflessione leggermente differente rispetto, ad esempio, a chi si occupa di meccanica. Le case auto, infatti, si guardano bene dal gestire la manodopera di carrozzeria (mentre per esempio non è così per la meccanica), quindi loro non si assumeranno mai l’onere di avere la manodopera interna, anzi la rete assistenziale si sta diradando. Alla base degli interessi delle case auto ci sarà semplicemente il guadagno dalla vendita delle informazioni e della formazione. Quindi probabilmente si litigherà sulle cifre e sulla modalità di erogazione di informazioni e formazione, ma il punto fondamentale è che la manodopera continueremo a metterla noi.
Il mondo della carrozzeria, oltre che per le tecnologie, sta subendo dei mutamenti anche dal punto di vista delle aziende: i consorzi sembrano essere in difficoltà, mentre cresce il numero di aziende che gestiscono network di carrozzerie; cosa succederà ai piccoli artigiani?
È difficile capire come evolverà la situazione, fare rete oggi è importante, perché da soli sarà sempre più arduo rimanere competitivi sul mercato. Io, ad esempio, e qui svesto un momento il ruolo di presidente per parlare della mia attività imprenditoriale, come carrozzeria faccio parte di Evolgo, che è una rete di imprese con soggettività giuridica.
Ritengo sia stata una scelta imprenditorialmente fondamentale, tuttavia non posso dire che per un imprenditorie sia semplice. Creare una rete come la nostra vuol dire essere disposti a rinunciare alle proprie prerogative per metterle a disposizione degli altri. Detta così sembra una frase fatta, ma quando trovi un piccolo segreto che ti permette di aumentare la tua produttività o il vantaggio competitivo nei confronti delle altre carrozzerie, mettere a disposizione l’informazione richiede una grande capacità di visione.
Ma con società sempre più grandi avrà ancora senso avere delle confederazioni?
Ovviamente penso di sì. Oltretutto, quello che stiamo vivendo è un momento storico particolare per il nostro settore, indipendentemente dal Covid. Non c’è mai stato un momento di affiatamento come quello attuale tra le confederazioni artigiane. E questo è stato possibile perché la trattativa con le compagnie di assicurazioni ci ha portato a uno stretto contatto per parecchio tempo. Con la messa a terra delle linee guida, che io mi auguro sarà a breve, mi immagino si crei una grande rete tra le tre confederazioni.
Personalmente non ho mai pensato che con le compagnie si possa andare a braccetto e diventare amici. Legittimamente, siamo due controparti e se ci dobbiamo confrontare, allora è meglio farlo al tavolo con loro e i consumatori piuttosto che nelle aule dei tribunali o con sentenze singole.
Piuttosto credo sarebbe necessario mettere mano a una legge sulla rappresentatività. Quando è crollato il ponte Morandi qui a Genova, a 600 metri dalla mia carrozzeria, abbiamo assistito a una piccola riproduzione di come viene gestita la rappresentatività in Italia: un mese dopo il crollo, a Certosa (il quartiere sotto il ponte Morandi di Genova) c’erano più comitati che negozi, ognuna con le sue piccole richieste, tanto che era diventato difficile capire le reali esigenze e le priorità.
La rappresentatività, a mio avviso, è una cosa seria, che andrebbe normata. Io ho iniziato a fare sindacato nel 1993; nel 1996 sono stato eletto presidente dei carrozzieri di Confartigianato Genova, nel 2006 presidente dei carrozzieri di Confartigianto Liguria. Infine, nel 2016, i presidenti regionali mi hanno eletto presidente nazionale di ANC Confartigianato.
Questo per dire che prima di poter rappresentare una categoria è necessario essersi costruiti un’esperienza.
Immagino faccia riferimento alle critiche sul suo operato apparse sui social al punto che qualcuno chiedeva le sue dimissioni, come ha reagito?
Semplicemente non ho reagito. Questa rielezione è stata una grande soddisfazione e la risposta migliore a quelle critiche.
Un’ultima domanda, al di là del programma elettorale, qual è l’obiettivo di questo suo secondo mandato?
Il mio obiettivo è di creare un gruppo giovane dentro Confartigianato, perché io sono un presidente vecchio, l’ho detto anche all’assemblea: il mondo va a 200 chilometri all’ora, ci vogliono i giovani. Io ho 58 anni, mi impegno moltissimo, nonostante tutte le difficoltà create dal Covid, ho fatto tutto quello che era possibile nel mio ruolo per sostenere la categoria. Non ho mai saltato una commissione plenaria con Ania, compresa l’ultima, ma credo che per il futuro sia necessario avere un nuova classe dirigente, più pronta alle sfide che il mercato ci porrà davanti. Per questo sono molto contento, ad esempio, che il nuovo presidente della regione Lombardia, Mario Andreassi, sia giovane e faccia parte del direttivo come anche il presidente del Veneto Massimo Speri. Questo discorso vale anche nelle nostre aziende: il mondo va a 200 all’ora, non possiamo pensare che tutti vadano a questa velocità. Io ho due ragazzi di circa vent’anni e mi accorgo della differenza che hanno nel comprendere il mondo che cambia. Io vorrei che questo settore si svegliasse e mi batterò perché alla fine del mio mandato avremo una classe dirigente più giovane.